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Tra i trafficanti della morte messicani

Una nota canzone di Manu Chao recitava: “Benvenuti a Tijuana, qui con il coyote si salta la dogana”. Ma chi sono i coyotes? Chiamati anche “Polleros“, una volta erano contadini o manovali residenti sul confine che per pochi dollari guidavano i migranti lungo i sentieri di montagna con il proposito di accompagnarli in territorio statunitense; conoscevano a menadito passaggi e scorciatoie e dopo aver concluso la traversata tornavano a coltivare la terra o a svolgere il proprio lavoro nei luoghi d’origine.

Fino a 20 anni fa era molto comune che i braccianti messicani si avvalessero dell’ausilio di questi traghettatori per passare “dall’altra parte” ed andare a lavorare nelle campagne americane per periodi di tempo limitati legati ai cicli della produzione agricola.

La storia statunitense narra che negli anni ’30 e ’40, sotto la presidenza di Franklin D. Roosevelt, furono proprio gli agricoltori ispanici ad aiutare l’economia statunitense a risollevarsi dopo la Grande Depressione del 1929. Da allora la manovalanza latina a basso costo è sempre stata una risorsa importante per i grandi latifondisti americani e più in generale per l’economia a stelle e strisce.

Nel 1994 però questo proficuo rapporto di collaborazione iniziò a deteriorarsi quando George Bush padre inasprì le politiche migratorie inaugurando il programma “Guardian” che prevedeva la costruzione di un muro fra le città di Tijuana (Messico) e San Diego (USA); fu così che la frontiera, fino ad allora delimitata da semplici reti metalliche e filo spinato, iniziò a trasformarsi fino a diventare una vera e propria barriera d’acciaio quasi invalicabile.

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Col fine di incrementare l’efficacia del muro, il Congresso Americano, in più riprese, approvò l’integrazione di sensori di movimento, visori infrarossi, illuminazione notturna ad alta densità, detettori di movimento e barriere anticarro, tanto che oggi molti migranti scelgono di aggirare l’ostacolo passando per territori impervi e inospitali come il deserto di Sonora ed i monti Boboquivari in Texas, oppure guadando le tumultuose acque del Rio Bravo.

Successivamente, in seguito agli attacchi dell’11 settembre e a causa dell’incombente minaccia terroristica islamica, il muro è stato ampliato e fortificato fino a raggiungere gli attuali 1000 chilometri di estensione, pari ad un terzo del totale confine fra i due paesi…con un costo complessivo non indifferente di 3,4 miliardi di dollari.

Ma torniamo ai nostri polleros. L’estrema povertà di paesi come Nicaragua, Honduras, El Salvador e dello stesso Messico continua a produrre ogni anno centinaia di migliaia di migranti che, spinti dalla necessità e dal sogno di una vita migliore, arrivano a pagare da 7 a 12mila dollari a chiunque prometta loro di portarli negli Stati Uniti (numerosi e documentati sono i casi di frode ai danni migranti che, dopo aver pagato la cifra pattuita, vengono sequestrati, picchiati e abbandonati nel deserto in balia della casualità degli eventi). Numerose inchieste portate avanti da giornali come il Semanario ZETA, El Sol de Tijuana e da associazioni umanitarie come la Coalición Pro Defensa del Migrante, hanno dimostrato come i narcos e i cartelli della droga abbiano assunto il controllo di questi redditizi traffici di esseri umani che, secondo lo United Nations Office on Drugs and Crime, hanno prodotto solo nel 2015 un giro d’affari pari a 6,6 miliardi di dollari.

Lo stesso Papa Francesco, durante la sua recente visita in Messico, ha denunciato le barbare azioni dei “trafficanti di morte”, colpevoli di lucrare sulla pelle della povera gente.

In un’intervista ai microfoni de Gli Occhi della Guerra, il presidente della Coalición Pro Defensa del Migrante (la più grande associazione no-profit della Baja California) Josè Moreno Mena ha spiegato: “L’efficacia del muro è indiscutibile; il flusso di migranti illegali lungo la frontiera fra Messico e Usa si è ridotto dalle 800mila unità annue del passato alle 250mila del 2015. È anche vero però – aggiunge Mena – che le tariffe dei coyotes sono schizzate alle stelle ed è aumentato il numero di decessi lungo i nuovi sentieri terribilmente ostici e pericolosi”.

La Human Rights Coalition dell’Arizona ha documentato 137 dececessi solo nel 2015 ma, come si può ben immaginare, molti altri corpi di migranti sono stati ingoiati dal deserto senza lasciare traccia. Nel mese di febbraio, sotto la pressione dei sindacati, i moduli hanno subito un forte ritardo nell’approvazione causando ingenti danni in numerosi settori produttivi e obbligando diverse società ad assumere immigrati indocumentati sottobanco per limitare le perdite (fonte: Periodico Investigativo “En La Grilla”). Intanto il muro di Tijuana attende e osserva impassibile l’avvicendarsi di storie e l’evolversi degli eventi e, mentre milioni di persone vivono la propria vita sul confine fra due mondi, gli unici che ne traggono profitto sono i “mercanti di morte”.


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