Lo Stato messicano, geograficamente situato in nord America ma culturalmente annoverato fra i paesi dell’America Latina, vive la sua doppia natura fra mille incongruenze e contraddizioni. Se da un lato è un paese esportatore di migranti, dall’altro ne è ricettore. Se da una parte subisce annualmente il razzismo e le deportazioni dei vicini americani del nord, dall’altro si comporta allo stesso modo con i vicini americani del sud.
In questo marasmatico clima fatto di violenze, caos e vittimismo, i poli opposti dello Stato messicano sono magnificamente rappresentati proprio dalle sue frontiere. Se a nord il confine è ben delineato dalla presenza di un triplice muro in acciaio e cemento lungo più di mille chilometri, protetto da sensori di movimento, luci ad alta densità, scanner a infrarossi, termo rivelatori e droni, il confine sud con il Guatemala (e per un breve tratto con il Belize) è praticamente un colabrodo.
Non c’è alcun tipo di controllo, le autorità di entrambi i Paesi non hanno la capacità di gestire l’ingente flusso di merci e persone in transito e questo con il tempo ha trasformato l’intera area nel regno del contrabbando. Da una parte ci sono le organizzazioni internazionali specializzate nel trasporto di veicoli rubati che seguono la direttrice che dal Messico porta sud, dall’altra parte ci sono i narcos che in assenza di dogane importano indisturbatamente la cocaina colombiana che verrà poi immessa nel mercato statunitense. In mezzo a questi grandi interessi miliardari, gli abitanti del posto si sono adoperati a loro volta, dando vita ad una prolifera industria del contrabbando che offre lavoro a migliaia di persone e che, soprattutto per lo stato del Guatemala, risulta essere un vero flagello per l’economia nazionale.
Il buco finanziario guatemalteco
In base al valore oscillante delle diverse monete, il Peso messicano ed i Quetzal guatemalteco, i contrabbandieri che operano lungo il confine “guatemessicano” comprano qualsiasi tipo di merce per poi rivenderlo nello stato vicino. Al centro dei commerci illeciti ci sono la benzina (merce di contrabbando per eccellenza di cui il Messico è gran produttore), mais e riso (cibi fondamentali su cui si basa l’alimentazione della popolazione locale) e zucchero.
Ma si fanno lucrativi affari anche con uova, detersivi, sigarette, cosmetici, oli, liquori, cemento, farine, batterie, latte in polvere e pasta, solo per citare alcuni dei prodotti più richiesti. Un’indagine incrociata realizzata con la collaborazione di diverse istituzioni guatemalteche ha rivelato che ci sono ben 54 corridoi irregolari attraverso i quali vengono i trafficati i prodotti esentasse e privi del marchio di garanzia. Secondo l’ASIES (Asociación de Investigación y Estudios Sociales, l’associazione dei consumatori guatemalteca) il contrabbando nel solo 2016 ha provocato un buco nei bilanci statali di circa 16 miliardi di Quetzal (quasi due miliardi di euro).
Per capire i numeri impressionanti di questo fenomeno che flagella l’economia del Guatemala, citiamo alcuni dati forniti dal SAT (Superintendencia de Administración Tributaria de Guatemala, l’Agenzia delle Entrate del Guatemala):
- Riso: il 15% del fabbisogno nazionale viene coperto da prodotti di contrabbando
- Oli vegetali: 23% dell’indotto nazionale stimato attorno agli 11,432 milioni di litri arriva in Guatemala senza pagare tasse e senza superare i controlli di qualità
- Liquori: ogni anno entrano 1,2 milioni di litri di alcolici esentasse
- Uova: ogni settimana entrano in Guatemala circa 5 milioni di uova prodotte in Messico
- Cemento: nel 2014 sono stati introdotti illegalmente 1,742 milioni di sacchi di cemento, nel 2015 invece ben 2,551 milioni di sacchi
- Zucchero: 20400 tonnellate di zucchero privo di accertamenti sanitari hanno invaso il mercato guatemalteco per un danno stimato di 41 milioni di Quetzal (oltre 5 milioni di euro)
- Sigarette: il tabacco di contrabbando copre il 20% della richiesta nazionale.
Per citare le parole di Óscar Emilio Castillo, presidente della Camera degli Industriali del Guatemala: “Con i soldi dell’evasione fiscale stimata dal SAT fino al 2009, si sarebbero potute costruire 120mila abitazioni popolari che avrebbero potuto dare alloggio a circa 600mila persone in difficoltà”.
Ma fra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare e la popolazione locale non è nelle condizioni di pensare e produrre progetti a lungo termine. Quando si tratta di sbarcare il lunario o di portare il pane a casa, l’unica cosa che conta qui e arraffare quel che si può…non appena si può. Sono migliaia le famiglie che contano su questi soldi per poter sopravvivere in uno stato sul bordo del collasso che, se solo riuscisse a risolvere questo problema catastrofico, avrebbe le risorse per finanziare infrastrutture tali da poter invertire il processo di impoverimento delle popolazioni. Ma la basilare mancanza di risorse, la forte incidenza delle organizzazioni criminale sul controllo del territorio e l’incredibile svalutazione del Peso messicano, non fanno altro che alimentare questa voragine economica nei conti statali che, se da un lato sembra dar lavoro a migliaia di famiglie, dall’altro indebolisce sempre più il governo centrale.
L’organizzazione del lavoro
Contrariamente a quanto si possa credere, quello del contrabbando non è un fenomeno spontaneo e caotico ma un vero e proprio negozio regolato su più livelli ed organizzato in turni e gruppi. Solo nella città di Tecun Uman, uno dei 54 corridoi irregolari sul confine fra Guatemala e Messico (secondo la Dirección General de Migración, i corridoi sarebbero addirittura 370), ogni giorno si alternano due turni da sette gruppi, uno la mattina ed uno la sera.
Ogni gruppo, composto da 45 persone, lavora 3 volte a settimana e fa riferimento ad un caposquadra che dirige e distribuisce il lavoro. In ogni gruppo ognuno ha un ruolo ben definito e delle tempistiche d’azione. I primi attori di questo meccanismo in moto perpetuo sono i moto-tassisti che arrivano sul fiume con i loro motocicli modificate per il trasporto, carichi di ogni tipo di mercanzia.
Qui intervengono gli scaricatori che, sotto il controllo di un magazziniere, accumulano le provvigioni sotto i tendoni o sotto i gazebo improvvisati realizzati con pali e teli di plastica. Le merci non stanno mai ferme troppo a lungo. Il via vai è incessante ed ogni carico viene spostato appena possibile sulle balse, le tipiche zattere create fissando delle tavole sulle camere d’aria dei pneumatici dei camion. A turno i traghettatori, attendono sulla banchina che la propria balsa sia al completo e poi partono verso la sponda opposta del fiume usando come mezzo di locomozione un palo che impuntano nel fondale melmoso e col quale si spingono verso la riva opposta.
Ogni traghettatore può trasportare fino a mezza tonnellata di merci oppure sette persone. Dall’altra parte, ad attendere le balse, ci sono altri caricatori che, senza troppa attenzione, spostano l’ingombro dalle zattere ai furgoncini o sui bici-tassì che andranno poi a depositare la mercanzia nei magazzini di smistamento o nei punti vendita indicati da un secondo magazziniere. Ogni persona che lavora qui riesce a portare a casa circa 25 euro al giorno, in Pesos o Quetzal, per 3 giorni a settimana. Non è molto, ma l’alternativa sarebbe arruolarsi nelle Maras (organizzazioni criminali dedite a traffici ben più pericolosi che quasi sempre portano alla morte o all’arresto dei suoi componenti), a morir di fame o a emigrare altrove in cerca di un lavoro e di un futuro migliore. Ma, come dicevamo in precedenza, qui l’unica cosa che conta e arraffare quel che si può non appena si può e, in quest’ottica, il contrabbando resta la miglior opzione per migliaia di persone che vivono sulla frontiera “guatemessicana”.
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